Non un’altra Commissione geopolitica, per favore!

Questo articolo è pubblicato sul numero 3-2024 di Aspenia

Il Consiglio e il Parlamento europeo hanno affidato a Ursula von der Leyen un secondo mandato alla presidenza della Commissione Europea, ma hanno fornito qualche indicazione sulla strategia complessiva che intendono seguire? Sotto la guida di von der Leyen, l’UE ha riscoperto l’importanza della geopolitica, e questo è un bene. Col tempo, tuttavia, molti hanno iniziato a comportarsi come se la politica e le strategie estere non fossero altro che geopolitica, e questo non va altrettanto bene.

 

L’UE, GEOPOLITICA E STRATEGIE. Dove mi trovo? Da dove provengono le risorse naturali che devo importare? Verso quali paesi si dirigono le mie esportazioni? Dove sono i miei amici? Dove i miei nemici? E quali sono le linee di comunicazione che collegano tutto? Questa è geopolitica. È importante avere consapevolezza della propria situazione geopolitica, perché ciò comporta delle vulnerabilità specifiche. Ma la geopolitica non determina la strategia: va deciso come si intendono gestire le proprie problematiche geopolitiche.

Un esempio: Russia e Unione Europea avevano e hanno opinioni contrastanti riguardo alla geopolitica dell’Ucraina. Gli europei la consideravano uno Stato cuscinetto, che avrebbe dovuto intrattenere buone relazioni sia con Bruxelles sia con Mosca, ma la Russia l’ha sempre considerata parte della propria esclusiva sfera di influenza. L’UE ha offerto all’Ucraina un accordo di associazione, e la Russia le ha dichiarato guerra: la sua scelta è geopolitica e la nostra no, o viceversa? No, si tratta della stessa disputa geopolitica affrontata con due strategie diverse.

Ne consegue che non ha senso chiedere all’Unione Europea di diventare un “attore geopolitico”, perché non esiste una cosa del genere. L’UE deve diventare un attore strategico dotato di consapevolezza geopolitica: concentrato sui nostri interessi, consapevole del continuo evolvere delle minacce e delle opportunità (non solo nella sfera geopolitica) e capace di decisioni risolute sugli obiettivi, sui modi e sui mezzi.

L’UE ha preso valide decisioni strategiche che hanno grandi implicazioni geopolitiche, in particolare quando ha offerto all’Ucraina lo status di candidato. Quella decisione rispecchia la nuova realtà geopolitica del paese: resistendo all’attacco russo, Kiev si è di fatto trasformata nel confine della nostra architettura di sicurezza, anziché essere un cuscinetto fra noi e la Russia.

Altre decisioni dell’Unione appaiono però prescindere dalla realtà geopolitica. Offrire lo status di candidato alla Georgia – anch’essa fino a oggi uno Stato cuscinetto – significa sottrarre il paese all’orbita russa per attirarlo nella nostra. Se la Russia dovesse reagire aggredendola, dovremo essere pronti a fare per la Georgia quello che stiamo facendo per l’Ucraina. Ma ne saremmo in grado? Il paese non confina con l’UE, e la convenzione di Montreux limita l’accesso attraverso il Mar Nero.

 

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La decisione tuttavia è stata presa e dobbiamo assumerci le nostre responsabilità. Altrettanto deve fare la Georgia, ma l’UE deve stare attenta a non concentrarsi esclusivamente sulla legge sugli agenti stranieri e le possibili sanzioni: deve anche chiarire la sua offerta alla Georgia, per non rischiare di spingerla di nuovo fra le braccia della Russia.

 

I DILEMMI DELLE STRATEGIE. Sembra che molti decisori, quando parlano di una Unione Europea “geopolitica”, intendano semplicemente un’Unione più assertiva, senza avere in mente alcuna strategia. L’UE può certamente diventare più assertiva, ma per raggiungere quali obiettivi? Gli stessi decisori, di fronte a una minaccia diretta alla situazione geopolitica dell’UE, reagiscono spesso con lentezza o addirittura non reagiscono affatto. Quando, allo scoppio della guerra civile in Sudan, lo Stato Maggiore UE predispose i piani per evacuare i cittadini europei dal paese, gli Stati membri rifiutarono persino di discutere di un’eventuale azione da condursi sotto l’egida di Bruxelles.

 

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Che cosa avrebbero fatto se un signore della guerra sostenuto dalla Russia avesse preso il controllo di Port Sudan, sul mar Rosso, e minacciato il nostro importantissimo canale di comunicazione marittimo con l’Asia? Un anno più tardi, è esattamente ciò che hanno fatto dallo Yemen gli Huthi, sostenuti dall’Iran. A questo punto l’UE ha lanciato l’operazione navale Aspides, ma gli Stati membri hanno impiegato tre mesi ad accordarsi e le tre o quattro navi che hanno messo a disposizione non sono sufficienti per neutralizzare la minaccia.

Cosa ancora più importante, se si guarda al mondo soltanto attraverso la lente della geopolitica, si percepisce un’immagine distorta. La politica mondiale è molto più di una gara volta a migliorare la propria posizione geopolitica. Gli Stati cercano anche di ottenere influenza politica, penetrazione economica, peso maggiore nelle organizzazioni internazionali e così via. E se è vero che competono, con mezzi legali, per ottenere questi vantaggi, capita spesso che si associno per raggiungere i loro obiettivi, anche se c’è chi agisce in modo ostile e si avvale di mezzi illegali. Per esempio, che cosa ci dice un’analisi meramente geopolitica riguardo all’approccio migliore da adottare nei confronti della Cina? Non molto. L’UE e la Cina hanno importanti contenziosi economici da risolvere e Bruxelles è giustamente preoccupata della crescente influenza politica di Pechino, ma tra i due non vi è una contesa geopolitica diretta.

 

LA DOMANDA ESSENZIALE PER L’UE. La prima domanda alla quale von der Leyen e gli altri leader europei devono rispondere non è quella geopolitica (dove mi trovo?) ma quella strategica: chi sono? Che ruolo pensa di giocare l’UE sulla scena mondiale? La mia risposta: il ruolo dell’UE dovrebbe essere quello di distogliere le grandi potenze dalla rivalità geopolitica e di adoperarsi per tenere unito il mondo, mantenere a un livello gestibile le inevitabili tensioni di un mondo multipolare ed evitare che una normale competizione si trasformi in una rivalità ostile, cercando il consenso su una serie di regole fondamentali per le relazioni fra gli Stati.

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È una strada a doppio senso, naturalmente: se un’altra potenza dovesse scegliere la guerra, come ha fatto la Russia, dovremmo reagire. Se la nostra sovranità dovesse essere attaccata, dovremmo combattere per difenderla. Ma finché sarà possibile, dobbiamo individuare e sforzarci di preservare un modus vivendi fra le grandi potenze.

 

 


Questo articolo è pubblicato sul numero 3-2024 di Aspenia

 

 

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