La rete dell’energia europea, verso un cambiamento epocale

La rete elettrica europea è sempre più pressata dalla crescita delle energie rinnovabili e dalla persistente fragilità delle infrastrutture esistenti: è ciò che ha sottolineato anche Alice Hancock in un’analisi pubblicata di recente sul Financial Times. Il commissario europeo per l’Energia e le politiche abitative, il socialdemocratico danese Dan Jørgensen, in una sorta di intervista richiama l’attenzione sul divario crescente tra produzione e trasporto di elettricità, sottolineando come i colli di bottiglia della rete abbiano generato 5,2 miliardi di costi nel 2022 e come essi possano arrivare fino a 26 miliardi entro il 2030, una cifra che evidenzia l’urgenza di interventi sistemici capaci di trasformare un mosaico di reti nazionali in un’infrastruttura continentale coerente ed efficace. 

La Commissione europea, al riguardo, ha prodotto una nuova strategia che punta a una pianificazione più centralizzata in grado di individuare dove investire e quali progetti avviare per ridurre le inefficienze. Il commissario Jørgensen sottolinea che una maggiore competenza dell’Unione Europea non rappresenta una sottrazione di potere agli Stati membri, quanto piuttosto un coordinamento necessario per affrontare una transizione energetica sempre più complessa, anzi, sempre più complicata. 

Infatti, la frammentazione attuale, che rende paradossalmente più semplice commerciare «pomodori o paste dentifricie» anziché energia, dimostra quanto distante sia ancora il completamento della «unione energetica» annunciata più di dieci anni fa dall’allora Commissione Junker con l’ambizioso – e parzialmente velleitario – obiettivo di fornire ai consumatori dell’Unione europea, famiglie e imprese incluse, energia sicura, sostenibile, competitiva e accessibile. 

 

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La rapida diffusione dell’eolico e del solare, fonti più intermittenti e meno concentrate sul territorio rispetto ai combustibili fossili tradizionali, amplifica la pressione su una rete che non è stata concepita per gestire questa nuova dinamica. 

La Commissione, dunque, intende ora sviluppare uno scenario europeo centralizzato, un processo di «gap filling» in cui progetti mirati possano soddisfare fabbisogni inevasi, in primis la trafila amministrativa per ottenere permessi di costruzione e di esercizio, troppo lunga e, spesso, labirintica. Una tale iniziativa fa comunque sorgere preoccupazioni, come riportato dall’eurodeputato socialista González Casares, il quale sostiene che una velocizzazione eccessiva dei permessi possa ridurre le garanzie di tutela dell’ambiente. 

Le otto prime «autostrade energetiche» individuate, dalle interconnessioni attraverso la catena dei Pirenei alle nuove linee di collegamento tra l’isola di Cipro all’Europa continentale ai corridoi per la trasmissione dell’idrogeno nella parte sud-occidentale dell’Europa, rappresentano il banco di prova di questa trasformazione, anzi, un’evidenza fattuale della capacità dell’Unione di evolvere verso un sistema realmente interconnesso, bilanciato ed efficiente. 

In questo scenario delineato dal commissario Jørgensen, i decisori politici sono chiamati a compiere un salto di qualità, quasi un cambio di paradigma, abbandonando approcci incrementali per abbracciare una logica di integrazione piena, simile a quella che in passato ha trasformato il mercato unico dei beni o la politica commerciale comune. 

La mappa dell’integrazione elettrica europea

 

La rete elettrica deve diventare la prima vera infrastruttura europea, progettata con criteri condivisi, finanziata con strumenti sovranazionali robusti e governata da un sistema decisionale che riduca drasticamente la frammentazione nazionale. 

Per raggiungere questo livello di maturità istituzionale, è indispensabile rafforzare il mandato della Commissione nella pianificazione e nell’allocazione degli investimenti per i) creare meccanismi di finanziamento comuni capaci di sostenere progetti transfrontalieri di portata continentale, ii) armonizzare i processi autorizzativi oltre i confini nazionali, iii) rendere più trasparenti e vincolanti le regole di cooperazione tra gli operatori di trasmissione per assicurare una gestione coordinata dei flussi energetici. 

Solo un approccio apertamente federativo alla rete, fondato su strumenti condivisi, procedure unificate e un chiaro senso di responsabilità collettiva, può permettere all’Unione europea di superare l’attuale vulnerabilità strutturale e costruire un sistema elettrico realmente all’altezza delle ambizioni di decarbonizzazione del continente come pure di sviluppo agricolo e industriale. 

 

 

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