Sergey Karaganov è un importante analista al servizio del Cremlino[1]. In questo ruolo è stato eminenza grigia e aperto sostenitore e “compositore” della politica putiniana sull’Ucraina. Perciò è molto importante leggere il suo recente dettagliato rapporto che sviluppa il concetto di “Maggioranza Mondiale”. Questa “Maggioranza Mondiale” sarebbe di importanza fondamentale per la politica estera russa, per lo sviluppo della sua economia e soprattutto per il programma di “de-occidentalizzazione” o riduzione dell’influenza dell’Occidente nel suo complesso sugli affari internazionali a livello globale in cui il Cremlino è impegnato. Karaganov nel testo fa uso o riferimento al Concetto di politica estera firmato da Vladimir Putin nel marzo 2023, sui principi e le metodologie d’azione che la Federazione Russa dovrà attuare per perseguire i suoi obiettivi nell’arena internazionale.
Quali sono dunque i principi guida citati da Karaganov per raggiungere questa de-occidentalizzazione radicale e strutturale (дезападнисациа) grazie al sostegno della “Maggioranza Mondiale”, composta di Paesi in ascesa economica, ma anche di Paesi ancora in via di sviluppo?
Come basi storico-strategiche, innanzitutto, Karaganov ricorda “il grande contributo” dato dall’allora Unione Sovietica alla liberazione dei popoli africani e asiatici asserviti al colonialismo occidentale. Ciò era dovuto all’ispirazione marxista dell’URSS ma anche ad un più crudo calcolo di Realpolitik, concetto ricorrente presente ancora oggi in Russia sull’equilibrio delle forze (соотношение сил) globali. Ricorda poi la vittoria nella Grande Guerra Patriottica e il conseguente e fondamentale seggio della Russia nell’ONU come Stato successore dell’Unione Sovietica, che le permette di agire in modo incisivo in tutte le grandi questioni dell’ordine internazionale.
A ciò fanno però eccezione le strutture essenzialmente occidentali come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario, da cui appunto la Russia intende gradualmente staccarsi. L’obiettivo è quello di costruire rapporti politico-economici bilaterali con i Paesi in difficoltà, fondati sui reciproci interessi nazionali. Secondo il documento, l’attuale struttura di erogazione degli aiuti, sostanzialmente in mano all’Occidente, comporta la “spersonalizzazione”(обезличение) e la dispersione dei contributi russi allo sviluppo dei Paesi della Maggioranza.
Ma questi sono solo alcuni dei “titoli” storici e giuridici che la Russia può portare in dote alla “Maggioranza mondiale”, perché l’ultimo, ma non certo l’ultimo per importanza, dei vantaggi che la Russia secondo Karaganov può offrire è la sua variegata esperienza storica e la sua molteplice varietà culturale e civile (многородность). L’essere uno Stato multinazionale le permetterebbe di avvicinarsi agli altri Paesi che compongono la “Maggioranza Mondiale” con maggiore tolleranza e apertura culturale. Il documento critica qui l’Occidente e la sua pretesa di imporre i propri standard culturali, economici, giuridici e, infine, ideologici, riferendosi in particolare al movimento LGBT, che è stato proibito in Russia come movimento ideologico “anti-umano” secondo la terminologia utilizzata dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov.
Karaganov, nel suo documento ideologico e programmatico, sottolinea anche la specificità culturale, valoriale (ценностный) e civile (самобытность) della Federazione Russa, che considera dirimenti nell’approccio civile e fortemente identitario nei confronti di altri Stati e civiltà, in quanto la stessa Federazione Russa contiene anche molti allogeni, cioè etnicamente non russi (русский/российский): in primis una cospicua minoranza islamica che raggiunge circa il 15/20% della popolazione. Componente tra l’altro in forte crescita, tanto da creare alcuni problemi di coesistenza all’interno della Federazione Russa, compresi alcuni latenti, ma anche espliciti problemi di terrorismo autoctono o finanziato dall’estero in regioni come il Daghestan.
La Federazione Russa è storicamente un Impero con molte diverse nazionalità al suo interno, fatto che giustificherebbe quindi, sulla base dell’esperienza storica, secondo il ministro degli Esteri, da parte delle autorità statali russe un approccio flessibile e rispettoso, ugualitario (равноправный) almeno a livello interno, ancora più che esterno. Infatti al paragrafo 2.5 del succitato documento Lavrov scrive: “La Russia è polivalente nella sua capacità di comprendere l’interazione con un’ampia varietà di Paesi, culture e civiltà. La compatibilità culturale e civile derivante dall’identità russa è opposta alla visione del mondo e alla cultura politica occidentale, caratterizzata da metodi di coercizione e violenza, imposizione e controllo.”
Questa circostanza di matrice storica e culturale derivante dall’essere un ex impero al cui interno vivono diverse culture ed etnie connoterebbe quindi in direzione di una maggiore tolleranza ed apertura la cultura politica della Federazione Russa verso altre culture, rispetto all’atteggiamento “cattedratico” di superiorità morale e civilizzatrice dell’’Occidente. Lavrov, va detto, si riferisce soprattutto ad un certo grado di tolleranza etnica e culturale nel processo di assimilazione delle minoranze nazionali all’interno dell’attuale Federazione Russa, ma non certamente non di una tolleranza nel senso politico o persino culturale del termine, come il caso ucraino mostra piuttosto chiaramente visto che la cultura e anche l’identità ucraina vengono di per sé negate o represse.
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Per questo motivo, allo stesso tempo soggettivo e oggettivo, nel futuro a medio termine, afferma Karaganov- nell’ambito di un’iniziativa di ricerca promossa dal Ministero degli Esteri russo, del Consiglio per la Politica Estera e di Difesa e dalla Commissione per gli Affari di Stato della Duma di Stato della Federazione Russa e della rivista “Russia in Global Politics”, vorrebbe trasferire le istituzioni più rappresentative delle Nazioni Unite, la cui sede è attualmente a New York, nelle capitali dei Paesi del mondo emergente, come Tashkent in Uzbekistan, Addis Abeba in Etiopia o Kuala Lumpur in Malesia. Naturalmente, sia Karaganov che il Ministro degli Esteri Lavrov sono pienamente consapevoli che non tutti i Paesi della Maggioranza Mondiale sono alleati della Russia o avversari irriducibili dell’Occidente, ma che tra i Paesi della Maggioranza Mondiale vi sono molte posizioni sfumate, “zone grigie” e comportamenti opportunistici.
Si può osservare che il problema politico sollevato da Karaganov è reale, anche se ovviamente egli parla solo e soltanto dal punto di vista russo e nell’interesse della Russia. È quindi rispondente alla realtà ciò che afferma Karaganov sui metodi neocolonialisti dell’Occidente, come l’“esportazione forzata” della democrazia in Medio Oriente, in particolare in Iraq, che non hanno certo rafforzato la popolarità degli Stati Uniti nel mondo arabo e musulmano, o il neocolonialismo francese in Africa in termini di sfruttamento delle materie prime locali e di servitù monetaria attraverso il franco CFA, che non ha mancato di suscitare grande indignazione negli Stati africani sottoposti a questa dipendenza monetaria dalla Francia e ha provocato come effetto collaterale un’ondata migratoria verso l’Europa da parte di africani impoveriti. Naturalmente questo comportamento non contribuisce alla popolarità dell’Occidente nei Paesi della Maggioranza Mondiale, e lo priva di un solido “terreno morale” che può essere facilmente sfruttato dai suoi concorrenti.
Questo è ciò che Karaganov e anche Lavrov usano per coinvolgere molti Paesi della Maggioranza Mondiale contro l’imperialismo e il neocolonialismo occidentale, contribuendo così a scardinare i loro meccanismi politici ed economici. Evitano però accuratamente, a parte un generico anticolonialismo ideologico sovietico e poi russo, di fare riferimento agli specifici interessi economico-politici della Federazione Russa in Africa e ai modi brutali in cui sono stati realizzati dalla compagnia militare privata Wagner.
Karaganov, quando parla di “piena e assoluta sovranità” (in russo si esprime anche con il termine незалежность che vuol dire letteralmente “non subire interferenza da parte di altri”, il che la dice lunga sull’importanza, quasi ossessiva, che i russi attribuiscono a questo termine, forse residuo della traumatica esperienza storica rappresentata dall’Orda d’Oro che sottomise la Russia per oltre due secoli in epoca medioevale) intende in realtà limitarla solo agli Stati più grandi. Gli Stati più piccoli possono comunque rifugiarsi all’interno di gruppi di dimensioni simili e di livello simile e comparabile di sviluppo economico e tecnologico, al seguito di una potenza regionale dominante.
Lo scritto di Karaganov, come in parte anche il nuovo Concetto di politica estera della Federazione Russa firmato da Putin nel marzo 2023, sembra oscillare tra il concetto di forza intrinseca e di sovranità e indipendenza quasi assoluta dello Stato russo, superiorem non recognoscens, come del resto si osserva frequentemente negli scritti sulla politica estera russa redatti dalle autorità statali russe, in particolare per quanto riguarda il diritto di navigazione/la libera navigazione in acque internazionali che la comunità internazionale, ed in particolare quella occidentale, cerca di contrastare perché si tratta di un principio volto a sovvertire gli attuali principi basati sul libero commercio tra le Nazioni del mondo.
Karaganov, tuttavia, oltre alle misure da adottare a livello politico, nel suo rapporto indica come via principale per raggiungere la massima influenza della Russia nel mondo anche lo spostamento del baricentro geopolitico russo verso est. Ciò, nella migliore tradizione degli eurasiatisti, in particolare di Gumilev, dovrebbe avvenire sfruttando e valorizzando in questo modo anche la tradizionale “dimensione spaziale” (пространственное измерение) che comprende i canali,(come il Canale Volga-Don), mari interni (il Mare d’Azov), il porto di Machačkala sul Mar Caspio in Daghestan e vaste aree della terraferma eurasiatica in sinergia con Stati come l’Iran in direzione sud-nord per il traffico commerciale ed energetico che rappresentano per la Federazione Russa un prezioso asset strategico, energetico e commerciale.
Si tratta di una preziosa risorsa spaziale per la Russia che, a differenza degli Stati Uniti, non esercita il controllo assoluto dei mari mediante una potente flotta, con cui controlla saldamente il 90% del traffico commerciale mondiale sugli Oceani.
Un altro elemento fondamentale su cui punta Karaganov ai fini di un sostanziale rafforzamento del peso della Russia nelle relazioni internazionali è rappresentato dal rafforzamento della sua cooperazione con gli altri Stati della Maggioranza Mondiale all’interno delle grandi organizzazioni internazionali regionali. Esse sono, principalmente, per citarne soltanto le più rilevanti, l’Unione Eurasiatica, la SCO (Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai), l’ODBK o Organizzazione per la Sicurezza Collettiva, o naturalmente i BRICS.
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Quest’ ultima rappresenta un’organizzazione territoriale molto estesa che Karaganov vede come un forum per la discussione e la promulgazione di regolamenti e soprattutto di regolamenti finanziari. Ciò comporterebbe quindi nel medio periodo la graduale sostituzione o il graduale rimpiazzo degli attuali regolamenti che disciplinano le transazioni economiche e finanziarie nel mondo, comportando così la progressiva sostituzione o emarginazione dai flussi economici e di investimento che vengono trattati a Londra e Wall Street.
Ciò riguarderebbe altresì anche altri centri di gestione del potere occidentale a livello globale. Per esempio i centri di standardizzazione come Bruxelles, o le aziende high tech che impongono a livello mondiale standard esclusivamente statunitensi come Google o Microsoft. Altre economie come quella russa su questo terreno devono essere in grado di raggiungere la sovranità tecnologica.
In questo contesto di brusco e radicale cambiamento dell’ordine mondiale, le principali roccaforti dell’economia e della finanza delle maggiori economie mondiali come Cina, Russia, Brasile, Sudafrica e India, potrebbero dotarsi allora di proprie agenzie di rating e di organismi di regolazione degli scambi monetari che sono appunto parte integrante del rivoluzionario progetto di de-dollarizzazione portato avanti tenacemente dalla Russia. E’ quantomeno un possibile sviluppo da seguire con attenzione.
[1] Membro del Consiglio di politica estera del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa; membro dei consigli scientifici consultivi del Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa; Presidente onorario del Presidium del SVOP (Consiglio di politica estera e di difesa).
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