I risparmi europei, negli Stati Uniti

Oltre un secolo fa, nel 1916, Vilfredo Pareto ricordava nel suo Trattato generale di sociologia la consuetudine europea di prestare il proprio denaro agli Stati Uniti. Il fatto che ancora oggi questa pratica prosegua ci racconta molto della relazione che lega le due sponde dell’Atlantico e che, malgrado tutto, resiste. Supera la sfida del tempo e dei tempi, si potrebbe dire.

Tanto è vero che nel 2024, secondo i dati diffusi nell’ultimo European Macroeconomic Report di Bruxelles, dall’UE sono stati destinati 437 miliardi dei suoi ingenti risparmi proprio agli Stati Uniti, superando di gran lunga la media storia di circa 300 miliardi l’anno che risale almeno dal 2015.

 

E’ utile ricordare che i risparmi del settore privato europeo sono cresciuti parecchio l’anno scorso, malgrado l’aumento dei prestiti richiesti dai governi a causa dei deficit, ancora elevati pure se in corso di correzione. Si stima che il flusso complessivo di questi risparmi, al netto degli ammortamenti, valga circa il 2,5% del PIL nel 2024, per circa 1.200 miliardi. L’Europa, quindi, ha un notevole eccesso di risparmio che cerca impieghi.

Questi risparmi vengono principalmente convogliati in investimenti diretti esteri, azioni e obbligazioni. “Dal 2020 – scrive l’UE – gli Stati Uniti sono la principale destinazione di questi fondi, in termini netti”. I risparmi europei svolgono un ruolo molto importante nel soddisfare la domanda globale di capitali, ma ancora di più lo svolgono per gli Stati Uniti, la cui “fame” di prestiti sembra insaziabile. Il deficit del governo, in particolare, è la principale voce che alimenta la domanda di prestiti USA. Alla fine del 2023 il deficit complessivo dell’economia USA era intorno al 5% del PIL e non si intravedono segnali di inversioni di rotta.

 

Molti risparmi in Europa, molte spese negli Stati Uniti. UE e USA sembrano proprio fatte l’una per l’altra. E non da oggi. “Considerando l’esposizione statunitense, i dati non indicano alcuna forte riduzione negli ultimi trimestri, nonostante il deprezzamento del dollaro e i maggiori rischi percepiti dagli investitori nel detenere asset statunitensi non coperti”. Comunque vadano le cose, insomma, quello americano sembra sempre un porto sicuro per gli investimenti europei. Ci saranno pure dei saliscendi, ma nel lungo periodo gli investitori non vedono evidentemente molte alternative.

Forse perché è difficile trovarle. L’Europa non è ancora riuscita né ad unificare il suo mercato bancario né quello finanziario. L’unione dei capitali rimane un bel disegno dentro un cassetto, e nel frattempo i risparmi aumentano e vanno a caccia di rendimenti, possibilmente alti.

Il risultato è che una parte rilevante dei circa 1.200 miliardi di euro di deficit corrente statunitense viene finanziato dall’Unione Europea. I dati del rapporto mostrano che, complessivamente, l’UE ha finanziato circa il 40% del deficit estero statunitense tra il 2016 e il 2024. Questo non impedisce ai nostri partner di minacciare dazi. Perché l’Europa, oltre ad essere molto generosa, è anche paziente.

 

 

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