La proposta del Presidente russo Valdimir Putin di costruire un nuovo gasdotto che approvvigioni l’Europa attraverso la Turchia – bypassando sia Ucraina che Bulgaria – ha innalzato la posizione strategica di Ankara come hub energetico. Il progetto che dará vita al Turkish Stream va a sostituire l’originale South Stream, che era stato pensato per trasportare 63 miliardi di metri cubi (mc) di gas naturale verso i mercati europei utilizzando il corridoio Mar Nero-Bulgaria. Il nuovo percorso avrà una capacità identica (trasportando 63 miliardi di mc, di cui 14 alla Turchia e il resto agli altri Paesi europei) e farà il suo ingresso nel Mar Nero dal compressore “Russkaya” nel sud della Russia, con la stazione terminale in territorio turconella Tracia nord occidentale. Le severe sanzioni alla Russia da parte della UE e degli Stati Uniti, a seguito della crisi con l’Ucraina, sono la ragione principale per l’abbnadono del progetto originario, il cui costo si aggirava intorno ai $23 miliardi. Questa mossa cambia le previsioni per il futuro approvvigionamento di gas per il continente europeo e potrebbe alterare più ampiamente gli equilibri energetici regionali.
Il nuovo memorandum d’intesa che autorizza le società statali dei due Paesi, Botas e Gazprom, ad avviare i lavori tecnici per una nuova pipeline, è estremamente importante sia per la Russia – che manterrá la propria posizione dominante nelle forniture all’Europa – sia per il fabbisogno energetico della Turchia, il cui consumo annuale di circa 45 miliardi di metri cubi dipende per il 60% dalla distribuzione russa. Il rafforzamento della cooperazione turco-russa, tuttavia, potrebbe essere percepito come una deviazione dalla tradizionale politica di approvvigionamento di Ankara e potrebbe mettere in questione lo stesso vantaggio acquisito come alternativa energetica per i mercati europei. Infatti, con l’obiettivo di rifornire l’Europa con le risorse provenienti dal Caucaso e dall’Asia Centrale i progetti Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC) e Baku-Erzurum-Ceyhan (BTE) si sono finora fondati su una partnership priviligiata con Georgia e Azerbaijan. Inoltre, con l’Azeraijan sono stati recentemente avviati i lavori del gasdotto Trans Anatolico TANAP, che fornirá 10 miliardi di metri cubi di gas azero all’Europa e sei miliardi alla Turchia – con la possibilità di ampliare le forniture ricevendo gas anche da Iran, Iraq e Turkmenistan.
La realizzazione del Turkish Stream potrebbe gravare sulla portata dei a progetti già in corso e disincentivare l’ingresso di ulteriori commesse. In questo quadro vi è poi da considerare l’accordo raggiunto nel dicembre scorso tra il governo centrale iracheno e il governo regionale del Kurdistan del Nord (KRG): esso prevede la vendita di petrolio e revenue sharing, puntando sul corridoio turco sia per aumentare il volume di greggio sia per agevolare potenziali offerte di gas naturale verso il mercato mondiale. In questa luce, sebbene la joint venture russo-turca sia nella sua fase iniziale e la sostenibilitá della transazione irachena sia ancora in fase di discussione, l’eventuale doppio ingresso di risorse potrebbe incidere positivamente sulla posizione di dipendenza della Turchia, grazie alla diversificazione. In piú, non sono da trascurare le rivendicazioni turche sulle risorse da poco scoperte intorno all’isola di Cipro che, pur complicando le negoziazioni per un definitivo settlement dell’isola, hanno il potenziale (una volta trovato l’accordo) di rappresentare la via piú breve per l’approvvigionamento dell’Europa dal Mediterraneo Orientale.
In termini di partnership internazionali, il Turkish Stream avrebbe un forte impatto anche nei rapporti di Ankara con Washington, oltre che con le cancellerie europee. In passato, infatti, la Turchia ha investito molto, seppur senza successo, nell’ottenere un genuino sostegno dell’UE nel compimento del progetto Nabucco – anch’esso per ora sospeso e inizialmente pensato come un percorso alternativo alla Russia per le forniture europea. Oggi, malgrado rimanga la riluttanza di Bruxelles ad aprire con Ankara il capitolo negoziale in materia di energia, una più stretta collaborazione turca con Mosca (legata anche al trasporto del gas russo) non sarebbe accolta benevolemente, soprattutto alla luce delle forti pressioni occidentali affinchè la Turchia si unisca alle sanzioni contro Mosca.
La realizzazione del Turkish Stream avrebbe certamente l’effetto di trasformare la Turchia – che in Europa è già il secondo maggiore importatore di gas russo dopo la Germania – in uno snodo di transito fondamentale. Permangono però, oltre alle possibili ripercussioni politiche, serie criticitá tecniche riguardo alla sostenibilitá dell’investimento. A fronte del rallentamento economico dell’Europa, vi sono dei dubbi sulla capacità di Gazprom e Botas a sostenere una nuova grande opera. Vi sono poi alcune divergenze sulle tempistiche di realizzazione e il mancato accordo sulla riduzione del prezzo del gas. D’altro canto il Turkish Stream è pienamente coerente con una tendenza generale nei rapporti bilaterali: Turchia e Russia sono i reciproci principali partner commerciali e si sono date l’obiettivo comune di aumentare il loro volume di scambio da $33 miliardi a $100 miliardi entro il 2020. Numerose sono le imprese di costruzione turche attive in Russia e la Turchia è la prima destinazione del turismo russo, e Mosca ha offerto il proprio contributo per la costruzione della prima centrale nucleare anatolica – naturalmente a scopi civili. L’interesse economico sembra prevalere sulle profonde e quasi inconciliabili divergenze politiche in materia di integritá territoriale dell’Ucraina, di difesa della comunitá tartara locale, oltre che nella questione siriana. Insomma, in una logica di equilibrio di potere, la Turchia pare scendere a compromessi per ottenere guadagni a breve termine; rischia peró di non capitalizzare nel lungo periodo sui vantaggi che il proprio peso regionale potrebbe apportare alla futura equazione energetica tramite la diversificazione delle forniture.