I progressi tangibili della partnership russo-cinese

Forse la “ricostruzione dell’attuale ordine mondiale”, ipotizzato a maggio dopo un incontro tra i leader cinese e russo, è un obiettivo troppo ambizioso. Sicuramente però il riavvicinamento tra Mosca e Pechino costituirà un bel grattacapo per l’Occidente, in particolare per gli Stati Uniti. Il Presidente della Cina Xi Jinping e il suo omologo russo Vladimir Putin si sono incontrati personalmente più di 10 volte dal 2013 e il nuovo sodalizio ha già portato a conseguenze politiche, economiche e militari rilevanti.

Non è sfuggito a nessuno il sostegno che il portavoce del Ministro degli Esteri cinese, Hong Lei, si è affrettato ad offrire alla Russia quando, a margine del G7 che si è tenuto in Germania il 7 e l’8 giugno, Barack Obama e Angela Merkel sono tornati a minacciare nuove sanzioni contro Mosca. “Per quanto riguarda l’Ucraina”, ha detto Hong, “abbiamo più volte ripetuto qual è la nostra posizione sulle sanzioni e la minaccia di un loro uso. Siamo certi che la crisi in Ucraina possa essere risolta solo attraverso dialogo e consultazioni”. La Russia ha subito ringraziato Pechino per il suo intervento e ha sottolineato l’importanza “dei legami sino-russi” per “la stabilità e la sicurezza” mondiali.

Questi legami si sono in effetti rafforzati molto negli ultimi mesi. Simbolica la data dell’8 maggio, quando a Mosca è stata celebrata la Giornata della vittoria dei paesi dell’Est Europa nella II Guerra mondiale: il posto d’onore di fianco a Putin, che tanti leader occidentali si sono rifiutati di occupare disertando la commemorazione, è stato occupato da proprio Xi. Insieme, i due leader hanno visto sfilare l’armata russa e un contingente dell’esercito popolare di liberazione cinese. Durante la visita, che Xi ha allargato anche a Kazakistan e Bielorussia, la collaborazione strategica tra Mosca e Pechino è stata rafforzata e sono stati firmati 32 contratti commerciali. Dal punto di vista energetico, è stato siglato un nuovo accordo di massima, quindi ancora tutto da implementare, per la cosiddetta “Rotta occidentale”: la Russia è disposta a fornire alla Cina 30 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno proveniente dai suoi giacimenti della Siberia occidentale attraverso il Kanas Pass, senza passare da Kazakistan e Mongolia. Questo progetto di intesa, stipulato dai giganti Gazprom e CNPC, potrebbe così aggiungersi all’accordo vero e proprio siglato intanto il 21 maggio 2014 per la “Rotta orientale”: Mosca fornirà per 30 anni a Pechino 38 miliardi di metri cubi di gas all’anno attraverso il gasdotto Power of Siberia.

Il risultato forse più inaspettato dell’incontro di inizio maggio, però, è stato il comunicato congiunto con cui la Cina ha dato il suo sostegno all’Unione economica euroasiatica, che ha da poco compiuto un anno. Il progetto russo, che sul modello dell’Unione Europea ha lo scopo di creare uno spazio economico unificato a cavallo tra Europa e Asia, verrebbe integrato al progetto cinese One Belt, One Road, per favorire gli scambi lungo l’Asia centrale e le rotte marittime dell’Oceano Indiano. L’obiettivo è quello di “creare uno spazio economico comune” nell’area euroasiatica e raggiungere “un nuovo livello di partnership”. Entrambi i paesi, i cui scambi commerciali reciproci sono cresciuti in modo vertiginoso in 20 anni (da 7,7 miliardi di dollari a oltre 95), hanno qualcosa da guadagnare: Mosca potrà avere acceso al Fondo per la costruzione della nuova Via della Seta, dal valore di 40 miliardi di dollari, e ai fondi messi a disposizione dalla nuova Banca asiatica di investimento per le infrastrutture (a guida cinese); Pechino otterrà un affidabile punto di transito verso l’Europa. La strategia cinese One Belt, One Road, annunciata nel 2013, è estremamente ambiziosa. Comprende la New Silk Road Economic Belt, che mira a collegare la Cina all’Europa attraverso l’Asia centrale e occidentale, e la “Maritime Silk Road”, per collegare le rotte che partono dalle coste cinesi ai paesi del Sudest asiatico, all’Africa e all’Europa. Ufficialmente, si tratta di un progetto “esclusivamente economico” (Pechino dixit) che comprende la stipula di nuove regole doganali e commerciali, la costruzione di gasdotti e oleodotti, infrastrutture per le telecomunicazioni, strade e ferrovie. Influenzerà potenzialmente la vita di 4,4 miliardi di persone in oltre 65 paesi. Oltre ad aiutare l’economia cinese, il progetto ha un evidente risvolto politico, puntando inevitabilmente ad accrescere l’influenza cinese nella zona euroasiatica, in risposta al Pivot to Asia obamiano. Se Pechino incorporerà davvero il progetto russo nel suo, accogliendo Mosca come partner a tutti gli effetti, anche la Russia dovrà lasciare qualcosa sul piatto, accettando una forte presenza politica cinese in Asia centrale.

 La nuova collaborazione tra Mosca e Pechino ha anche un risvolto militare. Dal 17 al 21 maggio si sono tenute le prime esercitazioni navali congiunte tra i due paesi nel Mar Mediterraneo (con la partecipazione complessiva di nove unità). Il messaggio sembra piuttosto chiaro: il Mediterraneo non è di esclusiva responsabilità della NATO, soprattutto se presto sarà raggiunto da una regolare presenza navale cinese come prefigura la nuova Via marittima della Seta.

Un tassello altrettanto importante nella rinnovata collaborazione militare è rappresentato dall’inedita apertura russa a vendere alla Cina il suo più avanzato sistema missilistico anti-aereo, S-400. Sembra che Putin si sia detto favorevole alla vendita, che garantirebbe a Pechino il dominio aereo sullo stretto di Taiwan e la “copertura” delle isole Diaoyu/Senkaku, contese con il Giappone, nel Mar cinese orientale.

Dalla comune politica di contrasto strategico nei confronti degli Stati Uniti, allo sviluppo economico dell’Asia centrale, fino alla cooperazione militare, in vista di una “ricostruzione dell’attuale ordine mondiale” in chiave multipolare, ci sono tutti i presupposti perché il matrimonio di interesse tra Mosca e Pechino funzioni. Però non sarà tutto rose e fiori: la Russia, soprattutto in questa fase di difficoltà economica a causa delle sanzioni occidentali, è di gran lunga più debole della Cina e non è detto che Xi accetti di trattarla alla pari per sempre. D’altro canto, difficilmente Putin accetterebbe di essere relegato in secondo piano, a maggior ragione se è in gioco l’influenza sull’Asia centrale. Dal punto di vista politico, se Mosca sta sfidando l’Occidente in Ucraina, Pechino sta facendo lo stesso con i paesi del Sudest asiatico per le isole contese nel Mar cinese, ma difficilmente il sostegno reciproco in queste zone andrebbe al di là della diplomazia e degli annunci. Washington, in ogni caso, è avvertita: la Russia ha già trovato il partner con cui “sostituire” i paesi occidentali.

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